Lodovico Corio

Lodovico Corio nacque a Milano nel 1847; il padre era inserviente presso la pretura urbana, la madre era portinaia. Dopo gli studi liceali, si laureò in Scienze storiche e filologiche e si dedicò all’insegnamento presso istituti privati cittadini, per sostenere se stesso e la famiglia, composta dalla moglie Amelia Brescianini e dalla figlia Marcellina.
Le incombenze economiche non gli impedirono tuttavia di dedicarsi agli studi: nel 1870 divenne collaboratore della «Rivista europea» di A. De Gubernatis, dalla quale venne allontanato nel 1873 in seguito alle polemiche suscitate da due suoi saggi volutamente anticonformisti: La mente del padre S. Ceresa. Saggio di critica letteraria e Rivelazioni storiche intorno ad Ugo Foscolo. Lettere e documenti tratti dal R. Archivio in Milano. In particolare nel secondo lavoro Corio si contrapponeva vivacemente alla critica foscoliana dei suoi anni: il suo libello, nel quale l’intento iconoclastico finiva per distogliere l’attenzione dal lavoro erudito di ricerca archivistica, demoliva la figura di Foscolo sia dal punto di vista umano sia da quello letterario, suscintando reazioni ostili in tutti gli ambienti colti dell’epoca. L’indagine del rapporto tra l’uomo e la sua personalità pubblica rimarrà una costante della sua produzione, condotta sempre con un intento moralistico che ambiva a sgombrare il campo da ogni retorica.
Divenne negli anni successivi uno dei principali collaboratori del periodico «Vita nuova», nel quale apparve a puntate dall’agosto 1876 la sua inchiesta intitolata La plebe a Milano, poi ripubblicata in volume con alcuni capitoli nuovi dall’editore Civelli nel 1885, con il titolo Milano in ombra. Abissi plebei. Questa indagine sociale condotta sul campo inaugurò un filone letterario di discreta fortuna, quello delle esplorazioni dei bassifondi che raccontano la vita delle classi sociali più povere.
La posizione politica di Corio è vicina al liberalismo di sinistra, ostile ai gruppi moderati e profondamente anticlericale. Sostenne nel 1876 la candidatura di Cesare Correnti, al quale lo avvicinavano sia le recenti vicende politiche sia il culto per le memorie milanesi delle Cinque giornate. Tra i due nacque una sincera collaborazione, che consegnava all’anziano deputato un rappresentante ufficioso negli ambienti milanesi e che permise a Corio di progredire nella sua carriera di insegnante e di crescere in autorevolezza e prestigio.
Questa fase tuttavia terminò nel 1882, a causa dei dissidi tra moderati e progressisti che finirono per isolare la Sinistra storica; Corio pagò sul piano personale, venendo escluso da la «Lombardia», il quotidiano nel quale era stato uno dei redattori più attivi e influenti, e dovendo faticosamente tornare a svolgere lezioni d’insegnamento private.
Nel 1883 pubblicò Il libro della vita. Riflessioni morali, nel quale raccoglieva le proprie considerazioni sull’uomo, sul vizio e sulla virtù. Negli anni successivi Corio divenne collaboratore di Sonzogno, sia sulle iniziative sociali sia per quanto riguarda la “Biblioteca classica economica”, e continuò a dedicarsi all’insegnamento liceale; fu inoltre tra i fondatori della Società promotrice di esplorazioni scientifiche.
Proseguì anche negli ultimi anni il suo impegno combattivo animato da intenti filantropici e pedagogici, nonostante il progressivo accentuarsi di un pessimismo verso la lotta politica alla quale Corio contrapponeva sempre la concordia e l’unità di intenti che avevano permesso il riscatto nazionale.
Morì a Milano nel 1911.

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